I problemi per una terra di confine come il novarese non sono mai cambiati negli anni. Ma oggi è più comprendibile che le formazioni giovanili della città, per esempio, disputino i campionati in terra lombarda e certamente non è l’unico caso di extraterritorialità.
Ma tanti anni fa la cosa non era “normale” e Paolo Bossi ritorna Manzonianamente a quei momenti in cui “…. soffermati sull’arida sponda, volti i guardi al varcato Ticino, tutti assorti nel novo destino , certi in cor dell’antica virtù, han giurato…..
Di Paolo Bossi
Qualcuno, a Torino, prese davvero per tradimento la decisione che, a inizio 1969, assunse la dirigenza novarese. Anziché disputare il girone della serie D in ambito piemontese (come l’anno precedente), il B.C. Novara chiese di essere inserito nel raggruppamento lombardo. Due i motivi: minori costi di trasferta e possibilità di confrontarsi anche con altre forze, a vantaggio della crescita tecnica. L’ufficialità del trasferimento nella vicina regione avvenne il 22 marzo, con la trasmissione dei primi cartellini vidimati per il 69 (altri ne seguirono) da parte della Federazione Italiana Palla Base, come si chiamava allora, e comunicazione al Comitato regionale lombardo.
Andare a giocare in terra lombarda significava anche poter calcare l’erba dello stadio Kennedy, feudo della mitica squadra dell’Europhon pluricampione; ma anche dell’Ambrosiana del pioniere Lou Campo, che affrontammo più volte in stagione, sempre perdendo. Finalmente ecco la vittoria, nel torneo post-campionato organizzato proprio dalla stessa Ambrosiana. La fotografia che pubblichiamo, scattata dall’indimenticato Meo Salone, ritrae i giocatori (non molti quelli della “rosa” di fine agosto 1969) che sconfissero la compagine di capitan Giurleo per 20 a 11, con ben 18 valide e una eroica prestazione di Guilizzoni sul monte di lancio.