Paolo Bossi ripercorre un altro capitolo della storia del Baseball Novara ai suoi inizi: il desiderio di un campo tutto proprio e non più in coabitazione col calcio, le continue promozioni della squadra e i tanti sacrifici dei giocatori di allora che , non disponendo di un campo da baseball in città dovevano recarsi per allenamenti e partite a distanze via via crescenti: Vercelli, Bollate, Milano e Torino. Da qui l’embrione di idea di un campo in città, ovunque fosse purchè ci fosse.
Di Paolo Bossi
Per ottenere un proprio terreno di gioco regolare il Novara Baseball impiegò oltre 10 anni, dopo la sua fondazione. A parte il Centro Sociale (campo di calcio in coabitazione) e prima di rassegnarsi ad emigrare – per le partite casalinghe – a Vercelli, Bollate, Milano e Torino, si tentò ogni soluzione possibile a Novara, giungendo poi alla clamorosa petizione popolare che smosse le acque.
I più volonterosi di noi, nei primi anni ’70, giravano in lungo e in largo in periferia alla ricerca di luoghi adatti, dalla zona di Vignale a quella del Terdoppio, da Lumellogno al Torrion Quartara. In un posto presso Veveri, saltato fuori per caso e dov’erano appena stati abbattuti alberi, svolgemmo addirittura un catastrofico collaudo-allenamento, con tanto di inevitabile infortunio… da rimbalzo irregolare.
Ma un giorno qualcuno sembrò volerci dare una mano, inviando (dopo contatti con il presidente) alla segreteria del B.C. Novara la lettera che pubblichiamo. Tal signor Montano, scrivendo da Lesa sul lago Maggiore, comunicava di possedere un terreno a nord di Novara presso il corso del torrente Agogna e da destinare a uso sportivo. Avrebbe ceduto in affitto un prato di circa 20 p.m. (cioè pertiche milanesi, simili a quelle novaresi), quindi pari a 13 mila metri quadrati, situato ai bordi della cosiddetta “strada del Ciocchè”. Dunque, “acciocché” nulla rimanesse intentato, qualcuno andò a fare un sopralluogo (più o meno a metà marzo 1973), con le indicazioni del sig. Bellobuono citato nella lettera. Purtroppo il terreno, raggiungibile allora con una stradetta sterrata e piena di buche, era “bello” solo per l’aspetto agreste ma non “buono”, fiancheggiato da campi destinati a risaia, da rivoli d’acqua e da fitta boscaglia. Va bene che dovevamo “coltivare” il baseball, ma chissà quante palline perse e, in estate, quante zanzare all’attacco! A parte la totale assenza di strutture.
Eppure, 6 anni dopo, il destino dell’Agogna si sarebbe compiuto: solo un po’ più a valle e praticamente in città, con lo stadio odierno.